p. 31
p. 32
24, 11, 1904.
Caro Borgese,Tu hai annunciato con parole di simpatia la rinascita del Leonardo nell'Hermes. Te ne siamo grati, per quanto tu ci abbia voluto definire e noi amiamo poco le definizioni. Come tu sai definire è limitare; definire è impoverire; definire è contorcere. Tuttavia le definizioni sono utili a chi le fa, per meglio impossessarsi delle cose: e a chi le subisce per conoscere qual parte di sè si è proiettata nell'animo altrui. Le definizioni sono errori necessari.
La tua definizione, è, come tutte le definizioni, inesatta. Ma è la meno inesatta di tutte quelle che di noi finora conosciamo. E perciò, ti ripetiamo, ci fece piacere.
Ci pare soltanto che tu ti sia lasciato scappare una piccola svista. Tu ci compiangi, con un ahimè! lamentoso, di non avere cultura classica. Ci sembra impossibile che l'esclamazione sia tua. Sembrerebbe più tosto quella di un professor di ginnasio, irritato perchè non cominciamo gli articoli citando Bacchilide, e mostriamo di non conoscere Suida e Pausania. Tu sai quanto noi, ché sei mesi di buona volontà, ci permetterebbero di metterci in regola con la cultura classica. Crediamo dunque che tu abbia voluto dire «spirito classico».
E di questo, hai ragione, noi proprio ne manchiamo. Per le nostre anime è passato troppo Sturm und Drang e troppi cicloni di illogicità, per lasciare in piedi il menomo segno di serenità e di calma classica. In questi tempi in cui l'incenso è il più consumato fra i profumi del mondo, e in cui i nostri coetanei sembran trasformati in armate di laudatori e in eserciti di ammiratori, noi coltiviamo sopratutto le facoltà agonistiche, cerchiamo di distinguerci e non di confonderci con gli altri, ed abbiamo una gran simpatia per l'odio.
Siamo piuttosto romantici che classici.
Ma allora perchè citare fra i nostri maestri, o meglio eccitatori, Anatole France e Federigo Nietzsche? Proprio due, che nel nostro secolo, ebbero spirito classico e si imbevvero di cultura classica?
Non neghiamo che fra i Compni della solitudine non appaiano anche quel sorridente Epicuro, e quel grifagno ebro tedesco del nostro secolo; ma sarebbe allora lungo il catalogo di quelli che godono eguali diritti.
Anatole France è un positivista, e Federigo Nietzsche odiò la teoria della conoscienza. Noi siamo tanto avversi al positivismo quanto amici della gnoseologia. George Berkeley e David Hume, avrebbero più diritto di cittadinanza nel nostro spirito di Anatole France e Federigo Nietzsche.
E d'altra parte per capire lo spirito classico non fa bisogno aver decifrato papiri o essere stati a scuola dal Ritschl o dal Boeck. Si può amare Atene e sentir Roma senza conoscere l'alfabeto greco e senza aver mai tradotto una Bucolica dì Virgilio. Quando c'è una sorta di affinità tra gli spiriti nostri e gli antichi bastano delle mediocri traduzioni di Omero e delle cattive fotografie di Fidia per farci vivere la vita classica più intensamente, forse, di colui che sudi sui codici a rintracciare le varianti di Euripide e di Jamblico.
Tu sai che i filologi classicisti, sono, spesso, i menu antichi uomini che si conoscano.
E potremmo ancor dire altre cose. Ma perchè? Correremmo il rischio di sembrare accademici che pubblicano le loro memorie castrate, o vecchi che per mancanza di idee vanno a soffiare sulle ceneri antiche. Non ci garba punto per ora, l'autoscopia, e l'autointervista. La celebrità non ci ha ancora abbattuti, per esser obbligati a mostrare gli spiriti di cui ci siamo impadroniti e nutriti. Per ora, almeno.
Quando saremo celebri, allora caro Borgese, ci metteremo d'accordo per far le nostre memorie più false e più contradittorie che ci sarà possibile. I critici ne saran disperati e gli storici scandalizzati. Ma quale maggior piacere, che l'altrui noia.
Per oggi mettiamoci la maschera della Verità. E cosi sia.
tuoi G. F. e G. il S.
◄ Fascicolo 12
◄ Giovanni Papini
◄ Giuseppe Prezzolini